lunedì 22 febbraio 2010

Quando c'era Sanremo


Sanremo è già solo un ricordo. Insieme a tutti quelli già archiviati per sempre nella nostra memoria, quelli che vedevamo a casa con i genitori e nonna che non capiva come potesse mai essere possibile che un cantante si chiamasse Drupi (“ma che nome è?”). Poi ci sono stati i primi festival organizzati a casa di quelli un po’ più grandi di noi che già vivevano da soli e t’invitavano per fare i commenti, urlando alle canzoni, ai vestiti, alle frasi impacciate, tirando pacchetti di sigarette (vuoti) al televisore, in un sabba orgiastico che ci vedeva esausti alla finale o assistere impotenti alla notizia in diretta della morte di Claudio Villa: nemmeno il tempo di una giusta standing ovation tributata dall’Ariston al reuccio della canzone italiana, che già sul palco si udiva l’urlo “NO-NO NOTORIOUS” dei Duran Duran (“eh... the show must go on!”).
Quest’anno c’è stato un miracolo, avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì, la prova registrata nel pomeriggio da Jessica Brando che, in quanto minorenne, non ha potuto esibirsi dopo le ore 24 (anche se in realtà, povera, avrà fatto ben più tardi a lamentarsi giustamente con chiunque e a passare la notte in bianco per la rabbia). La prova era stupenda: l’Ariston deserto con la platea finalmente rossa delle poltrone vuote, e quindi lei rilassatissima perché non c’era nessuno, vestita carina, normale, come una ragazzina di 15 anni e non chissà come se fosse andata in onda in diretta, anche l’orchestra era casual, musicisti con un paio di jeans e un maglione, i violinisti con la sciarpetta, e le violiniste col cerchietto, i fiati con i capelli arruffati, tutti a fare il loro mestiere in scioltezza, con qualche tecnico che passeggiava sul palco parlando all’interphon mentre lei cantava, la regia stessa si presumeva più tranquilla (non sai gli urli in diretta) e la canzone che andava liscia liscia come l’olio e, lo vuoi sapere?, era pure carina! Che vuoi di più? Tolto questo, rimane quell’altra scena PAZZESCA dell’orchestra che tira in aria di tutto: sembrava di stare al Lucrezio Caro quando si apriva la porta di classe all’improvviso ed era il bidello che annunciava trafelato “hanno messo una bomba!”: evvài, tutti fuori sul prato! Vedere quegli spartiti diventare carta appallottolata malamente per tirarla sul palco è stato bello e brutto contemporaneamente: “chi ti fa ridere ti fa piangere e chi ti fa piangere ti fa ridere”. Brutto perché un’orchestra dovrebbe mantenere sempre un aplomb, anche se si sente presa per i fondelli dal televoto (ah, non lo sapevate?) e bello perché è stato l’unico gesto veramente rock di tutte le serate!
Io penso che un festival così non ritorni mai più, ma non preoccupiamoci, Sanremo è come un capello tagliato: ricresce.

1 commento:

* ha detto...

Al di là dell'aria di maleducazione del gesto per me quella neve di note lanciata sul palcoscenico è stata meravigliosa. Liberatoria. Futurista direbbe qualcuno. Allora lo dico anche io