venerdì 19 novembre 2010
Buon riposo
Il riposino pomeridiano che tutti i medici ormai consigliano, “la pennica” come la si chiama a Roma, è, ovviamente un lusso. La regola sarebbe quella di fermarsi una ventina di minuti al massimo, dopo pranzo, tutti i giorni. Ma spesso a quell’ora si è in palestra a smaltire gli ossibuchi con i porcini di stagione della sera prima. Ma il sabato e la domenica no, sono salvi, e noi possiamo recuperare, anche sforando i 20 minuti richiesti, in quei lunghi pomeriggi liberi, magari fuori piove, con quell’atmosfera da sabato del villaggio che ancora oggi, dopo 180 anni da quell’agghiacciante pensiero di Leopardi, ci strugge. Per evitare spiacevoli incidenti ecco qualche piccola regola da osservare. Primo: la luce. Chiudere tutto, persiane, tapparelle, serramenti, tutto. Altrimenti una volta che si cerca il sonno ci si deve mettere le mani davanti alla faccia per far finta che quel lucore rimasto non ci disturbi e che invece ci fa malissimo: quella fessura di luce che sembrava così piccola e ci aveva fatto pensare “tanto non la vedo”, non appena ci sdraiamo con il plaid, diventa una sciabolata abbagliante che nemmeno Guerre Stellari. Con le mani cerchiamo quindi di creare un sipario che protegga gli occhi, ma che ottiene solo di farci affogare in un mare di vapore acqueo prodotto dal nostro respiro facendoci ritrovare tutti bagnati. Seconda regola: andate in bagno PRIMA. Non succede niente allo sdraiamento, ma non appena avvertiamo quella sensazione di “botta”, di stordimento, di lento deliquio che precede la resa, ecco che uno spillo ci punge, e una vocina ti dice: “vai in bagno, sennò non ti rilassi...”. Un’altra, la nostra, risponde: “noo, ce la faccio... pochi secondi e passa”. E invece arriva un’altra puntura di spillo più forte, distraendoci dalla ricerca del sonno, e maledicendo chiunque, si scappa in bagno! Terza regola: plaid a una piazza regolamentare. DIFFIDATE DAI PILE, dalla copertina piccola di vostro figlio, dalla vestaglia che avete dimenticato sulla poltrona pensando “tanto non ho freddo...”. Infatti non appena cerchi te stesso nell’abbraccio di Morfeo, in realtà a casa entra una foca che applaude sarcasticamente alla nostra idea. La copertina, seguendo i nostri movimenti scomposti, lascia sempre una parte di noi fuori sicurezza e quindi il ghiaccio s’impadronisce del nostro corpo, dagli alluci alle gambe, fino al tronco, su fino alle braccia e alle mani, ormai ridotte a stalagmiti. Ci sveglieremo, nel caso avessimo dormito nonostante i tremori dovuti ai geloni, con un principio di raffreddore e una punta di mal di gola. Quarta regola: staccate cellulare e telefono di casa. Potrebbe chiamare solo un congiunto qualsiasi: nonna, zia, madre, cugino che non sentite da anni, il negozio Montblanc per dirvi che la penna è riparata eccetera... Salvador Dalì diceva che la punta massima del sonno la si ottiene dormendo con un cucchiaino d’argento in mano. Quando, al momento dell’abbiocco, il braccio farà cadere a terra il cucchiaino svegliandoci, il sonno finirà e noi, secondo lui, saremo belli riposati. Infatti Dalì è morto.
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1 commento:
La prima cosa che mi viene da dire è che tu sei il divertimento puro e semplice in persona!
La foca che applaude...il cucchiaio d'argento poi non ce l'ho e mai lo proverò!
Amo "la pennica" e anche se spero nell'ora non riesco a farmi abbracciare da Morfeo per più di 20 minuti...sarà perché diventerò un medico anch'io?!?!? LO SPERO VIVAMENTE!!!!
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