lunedì 17 gennaio 2011
Metti una sera a cena
“Metti una sera a cena”, uno dei più grandi titoli mai inventati, un testo teatrale e poi film di Giuseppe Patroni Griffi, il grande autore e regista scomparso 5 anni fa, è l’esercizio che dovremmo fare in queste sere di gennaio inoltrato. Messa l’anima in pace con il calendario che non prevede più weekend lunghi con ponti di nessun tipo (meno male, ma ne parliamo un’altra volta), bisogna mettersi a tavolino a ragionare, finalmente, per organizzare una cena come si deve con inviti ragionati, appunto, e non abborracciati come quelli di sempre con attenuanti, che andrebbero chiamate scuse, tipo: “non lo invito mai - devo ricambiare - ma quello come fai a non invitarlo? - sta sempre solo - m’invita sempre - poveraccio, mi fa pena” per concludere con: “quanto è bona la moglie”. No. Questa sera a casa mia voglio invitare a cena qualcuno che mi dia qualche cosa, per l’anima, uno spunto per una riflessione, che racconti qualcosa di se, che ponga una domanda ficcante, capace di fare una sana polemica, qualcuno che butti sul tavolo, come fosse un rilancio al buio, un argomento importante. Organizzare un tavolo è un’arte di cui si parla solo nei libri di Benedetta Craveri sui salotti francesi dell’epoca di Madame du Deffand. Ma all’epoca non c’era la tv che imponeva serate di urla davanti all’ennesimo Grande Fratello, c’era solo un caminetto acceso che faceva perdere nei suoi bagliori, c’erano vestiti che lasciavano immaginare la qualunque, e volersi perdere in quei meandri scatenava discorsi pazzeschi al solo scopo di sedurre! Mettere a pranzo persone bene assortite diventava quindi un obbligo pena la noia mortale. Allora approfittiamo di questo gennaio senza fine e proviamo a mettere in scena un “metti una sera a cena” con, per esempio, Valentino Garavani per chiedergli come diavolo s’è inventato quel suo “rosso”, tanto da diventare il “rosso Valentino”, quindi accanto Giorgio Armani (dove altro potrebbero incontrarsi i due re della moda italiana se non in una casa privata che non conosce nessuno?) per chiedergli di contro come lui s’è inventato il suo “greige” (un misto tra il grigio e il beige) che non esiste in natura, non è un colore previsto dal prisma. Per due sarti che vestono e si vestono come si deve vanno presi due che non c’entrano niente ma che con lo stile hanno a che fare da sempre: Adriano Panatta, scicchissimo nelle sue mises casual e chiedergli come si è inventato la “veronica” cioè quella volée di rovescio, che tanti hanno tentato d’imitare senza successo, e poi Gianni Boncompagni, in tuta da sempre, l’uomo che si è inventato il “tuca tuca” 40 anni fa e che ancora oggi viene suonato e addirittura ballato. A questo punto ci vuole una ragazza, carina, sulla bocca di tutti con un argomento d’attualità, una che ha venduto ottocentomila copie del suo “cotto e mangiato” e chiederle qual è il segreto per vendere così tante copie di un libro di ricette facili quanto e più di un quattro salti in padella, per avere da Benedetta Parodi una risposta illuminante: “non lo so!”. Buona serata.
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3 commenti:
ciao! bellissima idea, e ti dico di più.. in Svezia esiste proprio un programma televisivo così... Non della cena, ma della idea della stessa, chi invitare, di che cosa parleranno , cosa mangiare, bere etc
Sei un pò svedese dentro, non è vero? fili
... e perchè non invitare anche Florinda Bolkan, visto che c'è già la sua foto?
ma magari venisse...!
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