lunedì 30 maggio 2011
La pena del maturando
Se c’è qualcuno, durante questi caldi assurdi, cui penso con una certa pena, è lo studente prossimo maturando. Quel ragazzo che tra poche settimane dovrà dimostrare di essere “maturo” a una persona che non ha mai conosciuto, con pensieri suoi, elaborati in 18 anni di vita di cui 5 di liceo. Praticamente un poveraccio. Oggi sta contando le settimane che lo separano dal duello, calendarietto del cellulare alla mano, e sta pensando tra sé e sé “ma in fin dei conti in 7 settimane ce la faccio a ripassare tutto!”. “Ripassare” o “studiare” per la prima volta? Diciamo la verità, diciamocela in faccia una volta per tutte: NON SAI NIENTE! Non hai studiato perché il lunedì e il giovedì andavi a nuoto, il martedì e il venerdì a pianoforte, o a chitarra o a violino, le mattine andavi a scuola, e la sera eri uno straccio e quando studiavi? Quando? La sera, a tavola, i tuoi sono mesi che ti dicono “ai miei tempi, quelli sì che erano esami, adesso che ci vuole?”. Sei caricato di responsabilità, anche i professori ti stressano con le loro raccomandazioni, tu sai chi sono i loro cocchi, i secchioni che loro amano, mentre a te lanciano solo uno sguardo che fonde il rimprovero alla compassione. Fa caldo, apri la finestra ed entra il polline, la matita 2B della Faber Castell ti scivola tra le mani come un anguilla e se cerchi di cancellare una sottolineatura che ti sembra superflua la gomma impatta con la pagina in un crash test pazzesco: ha vinto la gomma e la pagina ormai sembra un origami, per stirarla con la mano sudata tutti gli appunti presi a matita sbavano come una lumaca stanca. Ti vuoi sparare, e in tutto questo ti ritrovi pure sotto una tempesta ormonale unica in tutta la tua vita, (la riproverai così violenta soltanto tra tren’anni, quando ti separerai da tua moglie e ti accorgerai di tutte quelle nuove ipotetiche che ti guardano con cupidigia) e pensi solo a Cristina che non ti si è mai filata un secondo della sua vita. Che ne sarà di te? Ti vedi vecchio a 40 anni (tranquillo, ti sentirai scemo quando li farai veramente), solo, senza Cristina (quello sicuro!) senza maturità (non credo), senza una meta, senza una lira, col violino all’angolo della strada, sporco, lacero, consunto, nessuno ti cerca, nessuno ti vuole, e per colpa di chi? Di Verga, dei Malavoglia, di Euripide, delle Baccanti, della II Guerra Mondiale (“che mi frega? C’è Rai Educational, La Storia siamo noi”) della geometria, (“ma quando mi servirà mai calcolare l’area del triangolo?” Ti servirà, ma tu ancora non lo sai, quando dovrai parlare con il tappezziere per la tenda della terrazza che hai fatto fare perché tua moglie, non Cristina, la voleva “strana”). Insomma tutto ti sembra inutile e la vita è racchiusa in queste sette sporche settimane di sudore, grafite, polline, tè freddo, sandali, magliette, bermuda, tutti sudati. Sogni il giorno in cui l’esame di maturità sarà solo un ricordo lontano e tutti i problemi della vita ti sembreranno una sciocchezza in confronto a quest’esame maledetto. E quando finalmente arriverà quel giorno ti verrà da piangere, perché non lo potevi sapere, ma oggi tu SEI FELICE!
martedì 24 maggio 2011
These boots are made for walkin'
A Roma c’è un negozio a Via Carlo Felice, San Giovanni, che ha una piccola pista d’atletica all’interno. È lì che, ripreso da una telecamera a terra, puoi capire di avere svariati prognatismi alla caviglia, al ginocchio, ovunque, insomma tutto te stesso. E allora scatta l’acquisto della scarpa PERFETTA, su misura per te, quella che alla Nike o alla Asics hanno progettato pensando solo a te e ai tuoi difetti congeniti o acquisiti in una vita di posture sbagliate. Ma ecco che infilando quella scarpa succede un miracolo che non riesce ad avere una definizione, una che sia una: ma per quale motivo quando ti metti una scarpa da ginnastica nuova, succede qualcosa dentro di te che non ti fa sentire più quello di prima? È come sentire di colpo una canzone dei Beatles, è come rivedere la prima ragazza che ti è piaciuta veramente, apparire improvvisamente dietro l’angolo intatta nell’aspetto trent’anni dopo quel colpo di fulmine. È come rimettere al primo grado centigrado in più una lacoste a maniche corte dopo un gelido inverno. Insomma è come dare la prima pedalata sulla bici, quel misto di forza in divenire, quello sprint che ti batte nel cuore e che deve fare un giro lungo per arrivare ai quadricipiti femorali per spingere su quella pedivella in un urlo liberatorio: “DAI!”. Troppo enfasi? Provateci: un paio di scarpe da ginnastica hanno un fascino che altre scarpe, o meglio, altri oggetti non hanno, evocano qualcosa che in una sola parola potremmo definire “libertà”. Ovviamente per piccole cose: a volte ce le mettiamo apposta, per tigna, fuori contesto, magari in una riunione importante per far capire che qualsiasi decisione venisse presa noi potremmo non essere d’accordo, a giudicare da come sbatte quella suola di gomma sul pavimento in felpata moquette. E senz’altro una donna in tailleur d’ordinanza che ha il coraggio di andarci in ufficio per cambiarsele in ascensore in favore di un tacco 8, è una donna da tenere d’occhio. E certamente chi se le mette al matrimonio sotto il tight è un pazzo, ma se ci crede davvero, più avanti negli anni anche se non lo sappiamo ancora, potrebbe diventare il migliore amico della nostra vita: proprio quella sera che tutti gli altri sono staccati al cellulare, lui risponderà, casualmente, al secondo squillo. Regalarle poi... si fa sempre colpo con quella scatola. Anche e soprattutto al cospetto di altri regali più o meno formali, se arrivi con paio di scarpe da ginnastica, tutti gli altri ospiti faranno il retropensiero “domani me le compro pure io!” e chi le riceverà in regalo non guarderà più con piacere tutti il resto della paccotiglia ricevuta in regalo per quella festa di compleanno. Come diceva la povera Nancy Sinatra “questi stivali sono stati fatti per camminare”. In tutti i sensi, ci siamo capiti? Quindi domani ce le compriamo e via! Nuove partenze verso nuove mete: noi stessi. Buon viaggio!
venerdì 13 maggio 2011
George 50
E quindi anche George Clooney ha aggirato la mitica boa della cosiddetta mezza età. Se all’epoca di Dante era fissata al trentacinquesimo anno, poi negli anni 60 al quarantesimo (grazie all’acqua Fiuggi, ricordate?) e oggi, fortunatamente, al cinquantesimo, vuol dire che qualcosa è cambiato.
Va detto che nel caso di George Clooney è uno che in realtà 50 anni ce li ha almeno da 20. Certo, perché è sempre stato uno che nella maturità della mascella, del sorriso e del capello perfettamente pettinato, ha sempre dimostrato di essere quello che si dice “un bell’uomo”. Cioè uno di cinquant’anni. Uomo. Chiarito questo aspetto vediamo perché siamo tutti così contenti che, in verità, mezzo secolo, si riesca a condurlo con questa nonchalance. Forse perché anche per noi c’è speranza per essere poco prima, o esattamente, o subito dopo, uno COME lui e cioè: pesare tra i 71 e i 72 chilogrammi per 1,80 di altezza; presentarsi perfettamente sbarbato come Cary Grant, ma anche un po’ fanée con un filo di barba cresciuta da tre giorni; di bersi tre Martini a serata pur mantenendo 160 al massimo di colesterolo e trigliceridi ridotti a zero o quasi; sembrare elegantissimo indossando anche una maglietta stropicciata come con uno smoking sartoriale; riuscire a ridere di tutte le battutacce che ti fanno gli amici tuoi e a godersi la vita (il suo vero segreto) con una villa a Laglio sul Lago di Como, zanzare e Martini per tutti i suoi ospiti con i quali molto probabilmente avrà festeggiato con una festa organizzata dalla sua ragazza italiana, Betta Canalis. Che ci vuole? Non è facile, ma perché pensiamo questo? La mattina non ci svegliamo anche noi con un Nespresso what else caldo, magari un Livanto lungo? Non ci prendiamo un Martini ghiacciato verso sera? Se ci va non prendiamo la moto e ci facciamo un giro in montagna con gli amici e se piove chi se ne frega, mi fermo a prendere un the e buonanotte e guarda caso stasera dormo qua va bene? Non siamo capaci d’innamorarci di una barista come di un’attrice? Di una studentessa di legge come di una velina? Alla fine, mettila come ti pare ma è solo questione di stati d’animo e basta. Chi arriva ai 50 e sente il bisogno di fare il bilancio della propria esistenza fino a quel momento, non potrà mai pensare di apparire con quella sciolta compostezza di George ai futuri appuntamenti che la vita gli proporrà. Non ha capito che il trucco di George Clooney e di tutti gli uomini intelligenti è quella di NON PENSARCI. Gli anni che avanzano insegnano cose semplici tipo che se apri troppo velocemente il rubinetto dell’acqua ti schizzi dappertutto e quindi che forse non è il caso. Piuttosto pensiamo a come arrivare ai 70!
PS: A proposito qui sopra c’è una foto di George Clooney a 70 anni, non sembra Cary Grant??
lunedì 2 maggio 2011
Che fai quest'estate?
Da oggi scatta la domanda, purtroppo legittima, “che fai quest’estate?”. È una domanda falsa come poche perché chi la fa è completamente disinteressato alla vostra risposta: in realtà spera soltanto che voi gli chiediate dopo aver detto la vostra, di vacanza, sempre che ce l’abbiate pronta, “e INVECE tu?”. In un attimo ci troveremo in un pollaio pieno di pavoni che gonfiando il petto ci diranno la loro vacanza nei minimi dettagli, e poi addirittura con spiegazioni e/o giustificazioni non richieste: i bambini, che sono piccoli, i ragazzi che sono ragazzi, oppure i miei figli che ormai sono grandi, mia suocera, che è vecchia, e noi, che siamo stanchi, ecco perché ce ne andiamo a... ecc ecc. Organizzare un viaggio è il nuovo reality show privato, basta un computer collegato dopo cena con moglie accanto e bambini a letto, ragazzi alla play e figli usciti per il gelato, per fantasticare e operare con un clic. Prima parola cercata su Google? Mare. Cosa esce? Wikipedia, che spiega cos’è il mare. Poi esce “i segreti del mare” e chi se ne frega, e poi Croazia. Oh, ci siamo. “Mi diceva Giovanni che s’è trovato bene, sono tutti gentili, c’è internet in tutti i bar, ha visto i delfini, non costa niente, sembra di sta’ in Sardegna, perché non c’andiamo pure noi?”. Fatto! Proviamo montagna, cosa esce? Wikipedia? No. Montagna.tv, le notizie della montagna in tempo reale, chi se ne frega, no? Secondo, Wikipedia, che ci spiega cos’è la montagna e terzo Alto Adige. Ti pareva? “Ma ci siamo stati un mese fa per sciare, che fai ci torni? Non mi va, mi fa tristezza e poi quest’anno Vale manco ci viene, va in Sud Africa, andiamo pure noi!”. Appena su Wikipedia scopri di nuovo, dopo averlo imparato e dimenticato alle elementari, quanto è lontano e 2 giorni di volo su 15 di tempo non ti va, ti autospedisci una mail all’indirizzo dell’ufficio per mostrare ai colleghi in anteprima, la vacanza prossima futura, e che loro chiamano FERIE (‘ndo vai ‘n ferie?) e ti viene in mente quando tu le vacanze non le organizzavi e ti ci portavano i tuoi, come un pacco, magari con Nonna che non aveva niente da fare e poteva stare con te TUTTA l’estate: quella era la vacanza, che infatti si chiamava villeggiatura e in quel periodo, mare o montagna o collina o campagna, tu crescevi senza saperlo guardando una lucertola o le formiche per ore, forse parlavi con una bambina che non avresti visto mai più e che ti stava facendo l’imprinting della donna della tua vita, quella che ancora cerchi e che non trovi. C’era un libro dei compiti estivi sul comodino e un libro da leggere in cucina mentre qualcuno preparava la cena per te, e quando i tuoi venivano a trovarti per il fine settimana ti dicevano sempre una frase che non potevi capire: “come sei cresciuto!”. Adesso che lo sei finalmente davanti a quel computer che rimanda le foto dei mari e delle montagne di tutto il mondo ti viene da piangere e capisci finalmente che le vacanze sono finite. E non ti rimangono che le ferie! Ciao.
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