lunedì 29 agosto 2011

Un libro in vacanza


È stato in vari posti quest’estate, ha viaggiato per alberghi, camping, pensioni, appartamenti, residence, ospite da amici, eppure è stato sempre fermo. E quante ne ha viste lui nessuno, gli è passato sopra di tutto e lui niente, immobile come una Sfinge ha assistito al suo personale scempio con una flemma alla David Niven pronto ad essere utilizzato solamente come un’ultima spiaggia. Sto parlando del libro che avremmo scelto da leggere (ah ah) quest’estate. Niente. Intonso. Anzi, un po’ sciupato da tutti i viaggi andata e ritorno dal comodino alla valigia, dal tavolino allo zaino, sulla copertina macchie di caffè da lui coraggiosamente sopportate, con granelli di sabbia nelle pieghe delle pagine che in realtà avrebbero dovuto raccogliere le nostre riflessioni da custodire gelosamente, senza dimenticare non certo lacrime sui fogli, ma più spruzzi di acqua salata dalla coda di cavallo della signora che “pensava” di leggerlo in spiaggia, e che invece si è consumata nell’amministrazione di sms entranti e uscenti dal suo cellulare. Ha resistito a qualsiasi affronto psicologico, perché gli abbiamo preferito in tante occasioni La Settimana Enigmistica, scegliendo di rimanere intrappolati nel 31 orizzontale del Bartezzaghi “la mancanza dello sviluppo in un’economia statica” (cioè “crescitazero” tutto attaccato) piuttosto che nelle trame escogitate dal suo autore. Ma è questa la forza di un libro, quella di rimanere indefesso di fronte a tutto, soprattutto alla nostra ignoranza e alla nostra pigrizia, per poi diventare il nostro migliore amico appena dopo le prime pagine, cui legarsi a catena, sperando che non finisca mai più. A dirla tutta, il limite di un libro è proprio quello che purtroppo prima o poi finisce. Se ci è piaciuto molto cominciarne un altro è uno sforzo titanico, uno scoglio tale che in confronto Dover sembra una duna di Sabaudia. Ma siccome siamo imperfetti, ci affezioniamo e una volta finito poi ci sembra di tradirlo se ne cominciamo un altro: ecco perché chi li presta è un poveraccio, e chi li chiede in prestito è un delinquente perché commette il reato di appropriazione indebita non restituendoli mai. E visto che come sempre abbiamo scelto il libro da leggere durante le vacanze proprio come un vestito da mettere in valigia, la scelta è caduta su un Adelphi, con quella carta pazzesca, qualsiasi colore sembra un arredo, voglio farmi tutta casa così, si può fare la prova degli accostamenti come con un RAL delle tinte per i muri. Talmente chic che quando hai un libro Adelphi tra le mani ti senti più elegante, non c’è niente da fare, se te lo porti in aereo puoi anche simulare di non aver paura, le hostess ti guarderanno con rispetto e staranno molto più attente nel versarti il caffè americano da quelle brocche Alessi dalle quali sbava sempre.
Morite dalla voglia di sapere qual era il titolo del mio? Era “L’assassino” di Simenon. Ma domani lo comincio, lo giuro!

lunedì 22 agosto 2011

Una vacanza lunga 40 anni


Se fate le vacanze da 40 anni nello stesso posto vi accorgerete del tempo che passa dallo sguardo degli altri villeggianti che invecchiano ma che vi lanciano la stessa occhiata come se aveste entrambi sempre 15 anni. Se fate le vacanze da 40 anni nello stesso posto vi accorgerete che avevano ragione quei vecchi che vi davano certi consigli: improvvisamente non li troverete così banali come allora e anzi, mettendoli in pratica vi sentirete meglio, e proverete il desiderio di chiamarli per dirglielo ma vi accorgerete che nel frattempo sono morti. Non vi rimarrà altro che cominciarli a dare voi ad altri ragazzi che vi guarderanno nella stessa maniera e allora gli lancerete l’ anatema “ve ne accorgerete...”, proprio come avevano fatto 40 anni prima con voi. Se fate le vacanze da 40 anni nello stesso posto, tornando a casa, i problemi saranno sempre gli stessi: “come l’ho fatta la lavatrice l’anno scorso?”. Certo, la muta e il pantalone tecnico sono sempre quelli ma siccome li lavate solo una volta all’anno non vi ricorderete quale lavaggio avevate messo in pratica. E quando poi tutto sarà pulito lo metterete via proprio come si fa con l’albero di Natale, sparandoli sopra il palchettone dicendo “arrivederci all’anno prossimo”, che arriverà molto prima di quanto non immaginate. Tornando a casa, scoprirete che esiste ancora qualcuno che dice sul serio “bentornato” e se una volta vi faceva raccapriccio, oggi vi sorprenderete a rispondergli con un sorriso sincero “bentrovato!”. Le vacanze negli stessi posti hanno la caratteristica di far diventare tutto un copione con gli stessi personaggi ma con intonazioni diverse. E quando tornerete a casa vostra, proprio nella vostra via, noterete che i semafori vi sembreranno alti uguali e non meno giganti come quando tornavate cresciuti da quelle prime vacanze.
Questi sono i pensieri che arrivano quando si comincia a intravvedere il rientro a casa, già una settimana prima, cioè quando arriva il giorno dopo l’esatta metà vacanza, è quello che s’intravede in cima, quando si lancia lo sguardo a valle, quando la fine è nota, “Tocca rientrare”.
E ci ricorda che l’inizio d’anno (sappiamo bene che è questo quello vero, non quello stupido spazio tra la mezzanotte del 31 dicembre e il primo minuto del 1° gennaio) ha il vantaggio e lo svantaggio di essere come l’alba dopo la notte. Può cancellare i pensieri che ci hanno consunto fino a un giorno prima della partenza, esattamente come una bella dormita, oppure, se la preoccupazione resiste, può trasformarsi, come il risveglio di Don Abbondio, in una recidiva dei più tetri pensieri che si ritroveranno esattamente lì dove li avevamo lasciati, nello stesso posto. Ed è per questo che alla fine si dice sempre “Come sono belle le vacanze!” soprattutto se sono 40 anni che fate sempre le stesse.
E comunque stiamo calmi, stiamo ancora ad Agosto: rinfresca il bosco!

lunedì 15 agosto 2011

Abbey Road 2011


Tra tutte le “mosse” nelle vacanze che si possono fare, comprese quelle “intelligenti”, c’è n’è una che potrebbe addirittura divertire i vostri figli dimostrandogli che ci sono vari modi di stare al mondo senza per forza tenere il broncio se non gli comprate l’ultima maglietta di Abercrombie & Fitch. Prendete una città in Europa, tipo Londra (ci si arriva anche con il treno), parlate con la signora sovrappeso della portineria dell’albergo e chiedetele se per caso esiste una fermata dell’Underground più facilmente comprensibile del mondo, cioè quella di Londra, per arrivare vicino ad “Èbbiròdd”. Lei farà finta di non capire “What please?”, voi le intimerete di guardare su Google e solo allora lei ridendo capirà “Ah, Abbey Road!” (pronunciandolo “...‘bRoùdt”). A quel punto è fatta. Certo: perché vedere un genitore trasformarsi in qualche cosa di più implume di loro, e che oltretutto si diverte, è un affronto imperdonabile e quindi devono fare qualsiasi cosa per pareggiare i conti, finanche smetterla col muso. Nel tragitto in metropolitana, sull’iPhone gli farete vedere una delle copertine più famose del mondo, scattata più di 40 anni fa, in quella strada all’uscita degli studi della EMI, con quei 4 ragazzi che vestiti ormai da sé, attraversavano proprio quelle strisce pedonali dove tra poco voi (per ora solo voi), vi volete scattare una foto come loro. “Papà, sei proprio pazzo! Ah ah ah!” (stanno già rosicando). Ma non appena arriverete sulla location si accorgeranno che non siete l’unico pazzo in mezzo a svariate coppie, con lui che urla di tutto a lei, un paio di madri stravolte che sbagliano inquadrature maledicendo il giorno in cui hanno fatto conoscere i Beatles ai loro figli, uno spagnolo senza le scarpe come McCartney, e un indiano con un completo bianco come Lennon, oltre a un gruppo di cinesi che non poteva mancare: “Ah sì? E tutti questi chi sono?”. È una follia collettiva che si ripropone quasi tutti i giorni ma soprattutto la domenica mattina alle 8, cioè adesso, quando speravate di essere gli unici ad aver riflettuto che almeno la domenica mattina ci sarebbero state meno macchine a rompere le scatole, e invece no, ci sono pure gli autobus “ma questi non dormono?”. Un inferno: vedere gli abitanti della zona, guidare le loro macchine della domenica mattina, comprese Maserati, tirate fuori per l’occasione da soggetti che ci vanno solo a comprare il giornale e a bere un “frappuccino” da Starbucks, con l’intenzione di sfrecciare su Abbey Road e invece costrette a rallentare e inchiodare consumando pasticche e freni a disco, perche voi siete COMUNQUE sulle strisce, anche se non per attraversare, è un’esperienza meravigliosa. Ma quando tutti si rivolgeranno a voi, in quanto l’unico ad avere le idee chiare sulla mossa delle gambe “vanno aperte a compasso!”, sulla direzione “da sinistra a destra”, sullo sguardo “davanti a voi”, incurante delle macchine che sfrecciano a sinistra e a destra, sentirete una vocina sommessa che timidamente chiede: “Papà, me ne scatti una anche a me?”. È in quel momento che vi sentirete un eroe. A Londra, ad Abbey Road, come se foste su una copertina di un disco.