Quando si torna a casa presto la sera c’è un momento che non appartiene a nessuno: è quell’orario compreso tra la sera che sta finendo e la notte che non è ancora cominciata. Insomma, un’altra zona grigia terribile: ti sembra che tutto quello che hai fatto oggi non sia servito a niente e quindi cadi nella trappola del bilancio, delle domande, dei dubbi. La testa comincia ad avvilupparsi su un passo di vite che non porta da nessuna parte, cominci a notare quello che ti circonda e ogni cosa ti fa riflettere. Guardi quei due ragazzi che sulla strada stanno litigando, per cosa ti chiedi, lui fa gesti veloci con le braccia, lei lo guarda in silenzio e pensi che sia una sciocchezza e probabilmente è vero...
Due signori, lui con il cappotto e lei con una pelliccetta, tornano a casa dal cinema delle 8, si saranno mangiati una cosetta prima del film e tra poco andranno a dormire...
Due spazzini stanno preparando le cose da far raccogliere al camioncino che li segue muovendosi lento e con la coda di macchine dietro che non riescono a superarlo. Tu lo incroci nell’altro senso e ti accorgi dello sguardo dell’autista fisso sul volantino e pensi che quell’uomo conosce quella strada come forse nient’altro nella sua vita...
In un negozio due commesse stanno allestendo la vetrina del giorno dopo, avranno lavorato tutto il giorno e stanotte gli tocca pure fare tardi lì dentro in mezzo a manichini dalle taglie impossibili...
Gli studenti di una classe in gita stanno facendo un coro per farsi coraggio in una città di cui non ricorderanno niente fino a quando non ci torneranno per lavoro e solo allora potranno dire “io qui c’ero venuto per i 100 giorni!”.
Un tipo che non sapresti dire come è vestito cammina smanettando sull’iPod per cercare una canzone che possa accompagnarlo per il resto della notte. Ti viene in mente che ne hai uno anche tu dietro e ti sembra la soluzione a questa sera che non vuole finire e diventare notte per farti dire che anche oggi è passato. Ma mentre lo cerchi il taxi si ferma a un semaforo e vedi un uomo vestito da lavoro, con il trench alzato sul collo, ti spaventa, perché ci metti un secondo a riconoscerlo: sei tu. Dici all’autista che va bene anche qui e guardi il tassametro, preparandoti a lasciare una mancia che non importa perché stasera non ti va di aspettare il resto. E fai quegli ultimi passi verso casa, con un po’ di musica nelle orecchie, butti un altro sguardo addosso a questa città che chissà perché stasera non ti sembra amica. Perché questa sera sei tornato a casa presto.
Da solo.
martedì 24 aprile 2012
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