Organizzare il festeggiamento dei 50, è più o meno peggio di un matrimonio. Prima cosa da fare: la fatidica mail “SAVE THE DATE”: prima va visto sul calendario se per caso non ci sia PROPRIO il giorno del tuo compleanno una partita di Champion’s, un anticipo di campionato, se non un recupero, o una prima pazzesca al cinema tipo il restauro di “C’era una volta in America”. Tranquillo: ci sarà sempre qualcosa, fregatene e vai avanti rassicurandoti con il karma “Aho, faccio 50 anni, varrà di più di un derby, noo?”. No, però dài, andiamo avanti. Spedisci le mail e vediamo che succede. Che mangiamo? Mica ti metterai ai fornelli, no? Catering e basta. Un amica che cucina? Può essere, ma solo se lo ha già fatto da qualcun altro. Ora le conferme degli inviti: NESSUNO CONFERMA. Non gliene frega niente nemmeno se scrivi enorme RSVP. Tra di loro si chiedono “Tu ci vai?” - “Boh, vedo all’ultimo...”. Non te la prendere, hai fatto la stessa cosa tu quindici giorni fa, non era tuo amico e va bene, ma chi si crede tuo amico è proprio per questo motivo che te lo dirà all’ultimo: siete amici! Lista per i regali, siccome la verità è che non ti serve più niente ma TUTTI quelli che verranno comunque vorranno farti un regalo, per evitare i profumi sbagliati, un tagliacarte, o un apribottiglie, devi fare una lista da Eataly di derrate alimentari di qualità, sapendo che verrà il giorno in cui una lista la farai presso l’agenzia di assicurazioni che gestisce le polizze sanitarie. È arrivato il grande giorno. Succederà l’esatto contrario di quello che pensavi, ma peggio. Verranno tutti quelli che eri sicuro sarebbero mancati e non verrà nessuno di quelli sui quali contavi eccetto 5, cinque in lettere: conta esclusivamente su di loro per il resto della tua vita, dammi retta. A chi ha preso un treno o addirittura un aereo, per esserci, devi dare la copia delle chiavi di casa tua. Tra chi non viene vanno salvati quelli che hanno paura di incontrare qualcuno con il quale hanno litigato, meglio: non ti cambieranno l’atmosfera di festa. Poi quelli che all’ultimo si sentono male, beati loro, poi quelli che “stasera piove dove lo trovo un taxi”, non s’invitano più. Invece a quelli del giorno dopo che se la cavano con un sms, non rispondere nemmeno. Anche perché tra questi sms te ne arriverà uno da parte della compagnia telefonica “L’offerta per i suoi sms è scaduta. D’ora in avanti fino al prossimo rinnovo varranno le precedenti condizioni del suo contratto”: il che vuol dire un euro a sms! Della serata non ti ricorderai niente e quando vedrai le foto che hanno scattato non ti riconoscerai: sei quello zombie che sta in tutte le foto accanto agli ospiti. Non ti rimane che affrontare i regali: che ci fai? Dove li metti? Dove li cambi? È un altro lavoro che affronterai dal giorno dopo per circa un mese.
Comunque, consolati: è finita. I 50 sono andati e, tu non lo sai ancora, ma quando un giorno ti guarderai indietro, capirai che oggi sei felice!
mercoledì 31 ottobre 2012
mercoledì 24 ottobre 2012
50
50 anni equivalgono a 18250 giorni, il calcolo è semplice, si moltiplica 365 giorni per 100 (= 36500) e dividi per 2. Il che vuol dire che anche solamente a 36000 giorni, per amore di cifra tonda non tutti ci arrivano... magari a 35000... ma insomma... Meglio contare in anni: fa meno paura!
Fatto sta che il club dei 50, comincia ad assomigliare al salotto inglese dell’immaginario collettivo. I divani sono più comodi, la seduta è più ampia, le luci sono giuste, i giornali ci sono tutti. Ovviamente non è certo quello dei 60, quello sì che ha i divani Chester in pelle capitonnet, la pendola d’ordinanza, il maggiordomo sociale con i whisky e i bourbon offerti nei giusti bicchieri, i sigari nel proprio armadietto con umidificatore incorporato. È solo lì che il “gioco” si fa serio: con i giocattoli costosi che la vita (adesso che hai imparato la lingua del tempo che scorre) ora ti permette di utilizzare con la sufficienza di chi se li può permettere. In confronto, il club dei 40 sembra un salotto Ikea, il primo della tua vita,
per non parlare di quello dei 30, che assomigliava solo alla reception di una palestra. E a proposito di palestra è proprio lì che t’iscrivi con la fiducia (dopo i 50 è così che chiami la speranza) di diventare presto, prestissimo come quell’allenatore così “tonico”, così in forma, in una parola, così giovane. E non giovanile, come sei, se tutto va bene.
Anche il linguaggio cambia, soprattutto nelle arrabbiature, se prima dicevi “ma insomma a 40 anni se permetti ecc. ecc.” oggi quando dici “ma insomma a 50 anni se permetti ecc. ecc.” ti sembra che abbia davvero un senso, a differenza di quella detta “appena” 10 anni fa. Anche se in realtà questa cifra cominci a dirla due anni prima, un po’ per scaramanzia, un po’ perché ti dai un tono. Ti accorgi che quando entri nei negozi o in generale chi ti si rivolge comincia a darti subito del lei: un po’ ti piace questo fatto, un po’ ti irrita, soprattutto se è una bella ragazza. Come mai? Nel senso che se ti compri ancora un jeans e non ti vergogni, VUOI che ti diano immediatamente del tu, vuoi essere il migliore amico di tutti i commessi del negozio per quei 15 minuti in camerino mentre sudi cercando di farteli entrare e di scegliere quelli giusti secondo loro e non secondo te. Ma se entri in una galleria d’arte ESIGI che ti sia dia del lei solo per il fatto che ci sei entrato. Come mai? Quando vedi una giovane madre che compra il dvd di Peter Pan per il suo bambino, senti che oggi ti sta più simpatico Capitan Uncino e meno quel Peter Pan. Come mai? Perché Peter Pan, anche se è il primo film che da piccolo hai visto al cinema, non è cresciuto come te, che oggi SEI Capitan Uncino e come lui odi così tanto quel coccodrillo che lo insegue per tutto il film. Perché il coccodrillo ha ingoiato una sveglia e quando si muove fa tic tac, tic tac, tic tac... Hai capito adesso? Certo! Perché tu non lo vuoi sapere, ma hai 50 anni. Auguri!
Fatto sta che il club dei 50, comincia ad assomigliare al salotto inglese dell’immaginario collettivo. I divani sono più comodi, la seduta è più ampia, le luci sono giuste, i giornali ci sono tutti. Ovviamente non è certo quello dei 60, quello sì che ha i divani Chester in pelle capitonnet, la pendola d’ordinanza, il maggiordomo sociale con i whisky e i bourbon offerti nei giusti bicchieri, i sigari nel proprio armadietto con umidificatore incorporato. È solo lì che il “gioco” si fa serio: con i giocattoli costosi che la vita (adesso che hai imparato la lingua del tempo che scorre) ora ti permette di utilizzare con la sufficienza di chi se li può permettere. In confronto, il club dei 40 sembra un salotto Ikea, il primo della tua vita,
per non parlare di quello dei 30, che assomigliava solo alla reception di una palestra. E a proposito di palestra è proprio lì che t’iscrivi con la fiducia (dopo i 50 è così che chiami la speranza) di diventare presto, prestissimo come quell’allenatore così “tonico”, così in forma, in una parola, così giovane. E non giovanile, come sei, se tutto va bene.
Anche il linguaggio cambia, soprattutto nelle arrabbiature, se prima dicevi “ma insomma a 40 anni se permetti ecc. ecc.” oggi quando dici “ma insomma a 50 anni se permetti ecc. ecc.” ti sembra che abbia davvero un senso, a differenza di quella detta “appena” 10 anni fa. Anche se in realtà questa cifra cominci a dirla due anni prima, un po’ per scaramanzia, un po’ perché ti dai un tono. Ti accorgi che quando entri nei negozi o in generale chi ti si rivolge comincia a darti subito del lei: un po’ ti piace questo fatto, un po’ ti irrita, soprattutto se è una bella ragazza. Come mai? Nel senso che se ti compri ancora un jeans e non ti vergogni, VUOI che ti diano immediatamente del tu, vuoi essere il migliore amico di tutti i commessi del negozio per quei 15 minuti in camerino mentre sudi cercando di farteli entrare e di scegliere quelli giusti secondo loro e non secondo te. Ma se entri in una galleria d’arte ESIGI che ti sia dia del lei solo per il fatto che ci sei entrato. Come mai? Quando vedi una giovane madre che compra il dvd di Peter Pan per il suo bambino, senti che oggi ti sta più simpatico Capitan Uncino e meno quel Peter Pan. Come mai? Perché Peter Pan, anche se è il primo film che da piccolo hai visto al cinema, non è cresciuto come te, che oggi SEI Capitan Uncino e come lui odi così tanto quel coccodrillo che lo insegue per tutto il film. Perché il coccodrillo ha ingoiato una sveglia e quando si muove fa tic tac, tic tac, tic tac... Hai capito adesso? Certo! Perché tu non lo vuoi sapere, ma hai 50 anni. Auguri!
martedì 9 ottobre 2012
Sette meno un quarto la mattina
Sette meno un quarto suona la sveglia (suoneria arpa) dell’iPhone, ti butti giù dal letto, vai in bagno, poi in cucina per organizzare la prima colazione, se sei furbo hai messo ieri notte già fuori le tazze i bicchieri i cucchiai e ti sembra quindi di aver fatto già metà del lavoro. Mentre aspetti il caffè svegli i bambini, li mandi in bagno, gli fai fare colazione, li vesti, ti vesti, esci, compri il giornale che non riuscirai mai a leggere, trovi la macchina messa chissà dove ieri sera (cioè appena 12 ore fa) e li porti a scuola: sono le 8, forse le 8,10 e non ti neghi un altro caffè al bar davanti la scuola in compagnia di altri genitori più o meno assonnati come te, individui immediatamente i divorziati da quelli che ancora stanno insieme e fai un rapido esame di coscienza per capire quale gruppo ti sembra più consono a te a prescindere dal tuo personale stato civile. Forse ci scappa un cornetto, vai in ufficio dopo aver parcheggiato inutilmente e dopo aver perso un’altra mezz’ora ti riprometti di prendere i mezzi pubblici una volta o l’altra. Lavori, vorresti stare a dieta a pranzo, ma alle 1250 ti avvisano che “per lavoro” c’è un bel lunch da affrontare. Ordini un’insalata ma t’impongono qualcos’altro, devi accettare, come anche di seguire i discorsi con sorrisi e riflessioni ficcanti. Torni in ufficio, chiami tua madre o la babysitter o la tata per controllare se con i bambini è tutto ok. Lavori, mail, telefono fisso, telefonino, riunioni, con un pezzo di vita privata che cerca d’introdursi in orario di lavoro come una riunione di condominio da fissare, il consiglio di scuola, una cena da organizzare. Torni a casa facendo svariate commissioni di tutti i tipi dalle scarpe da ritirare ai libri di scuola che non erano ancora arrivati, al motorino che è morto, tutto questo passando davanti alla palestra, tanto per farti prendere una bella botta di sensi di colpa. Parcheggi la macchina e ti viene in mente quell’immagine che hai appena visto di quella ragazza di Milano che con gonna e tacchi si è rotolata sotto una saracinesca della metropolitana per uscire dalla stazione e non rimanerci dentro, in gabbia. Ti riprometti di non prendere i mezzi pubblici e mentre chiudi la macchina con un colpo di telecomando automaticamente ti scordi di dove l’hai messa, te ne accorgerai solo domani mattina che te lo stavi dimenticando in questo momento. Ah, la spesa, che prepari stasera per cena? E pensi in un loop senza fine “Primo e secondo, no solo secondo, no solo contorno, no solo uno yogurt e vado a letto. Ai bambini che gli do?”. Arrivi a casa e comincia il Maracanà. Dovrai rilassarti, ma come, ma quando soprattutto? Che c’è in televisione? Ballarò, così ti vengono pure un po’ di nervi, e allora ti versi una vodka dopo aver mangiato primo, secondo, poco, un dolcetto, piccolo. Stai sul divano e la palpebra ti sembra la parte più pesante del tuo corpo. “Ma che vita è questa? Che vuol dire? Basta!” pensi quando vai a letto. E prima di dormire arriva un’idea: “Domani però mi taglio i capelli.”.
PS: la foto non c'entra molto, come altre volte in questo blog
PS: la foto non c'entra molto, come altre volte in questo blog
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