Il 26 dicembre è il giorno più immobile dell’anno, è come una pasquetta, ma il freddo di dicembre non è il massimo per fare una gita. Che si fa il 26 dicembre? Niente, al massimo si legge il giornale del 24 dicembre, si risponde agli sms di auguri ai quali si teneva di meno, e già che ci siamo si manda un augurio ai nostri Stefano in rubrica, visto che oggi è il loro onomastico, si mette da parte la carta rovinata dei pacchi per la raccolta riciclata e si riflette sui due giorni passati con chi si voleva condividere la cena della viglia e il pranzo del 25, notando che a un certo punto, da sotto la tovaglia o seduti sul divano un po’ inebetiti dai brindisi dell’Asti Gancia (che ci piaceva tanto da piccoli, “Oh Happy Day” e oggi invece c’intristisce), spuntava un cellulare cui si mandavano auguri in diretta durante il pasto. Con chi stavano questi? Con noi o con quelli sul cellulare? E quelli sul cellulare non ce l’avevano una famiglia, un amico LIVE davanti a loro? Ma che ci frega, come diceva Riccardo Garrone nel primo Vacanze di Natale: “anche questo Natale ce lo siamo tolto dalle palle!”
E poi, a dieta. Da oggi. Tanto, ci risfondiamo il 31.
PS: anzi, facciamo una cosa: andiamo al cinema!
mercoledì 26 dicembre 2012
venerdì 21 dicembre 2012
Mappe pazze
Sono di parte: si sa. Allora, due mesi fa circa, durante un fantastico Keynote (presentazione, dal nome del programma che proietta su uno schermo quelle che una volta erano diapositive, sui pc si chiama powerpoint), Tim Cook, il nuovo ad della Apple, lancia le proprie mappe per l’iPhone: non si useranno più quelle di Google, con il meraviglioso Street View, ma quelle nuove della Apple, dal nome MAPPE, appunto. Ok, tutto a posto, che ci frega? Sono mappe, che vuoi che cambi? Invece è cambiato tutto: sono dall’alto, sono diverse, in qualche caso a volo d’uccello in 3D, ma soprattutto sono diverse da quelle che si usavano ormai da anni sull’iPhone, non faremo certo il discorso su quanto è più facile cambiare religione piuttosto che giornale, ma è vero che le cose piccole ti mandano in bestia più delle cose grandi: sai benissimo che ci sarebbe una soluzione ma siccome non la trovi perfetta ti arrabbi come una biscia. Sulle cose grandi purtroppo devi chinare il capo e sopportare con rassegnazione. Fatto sta che qualche giorno dopo l’annuncio delle nuove mappe, sull’iPhone compare quel numeretto 1 sugli aggiornamenti da fare e nessuno ha la forza d’animo di sopportare quel numero 1 piccolo, rosso, sul display, invitante come una caramella, anche perché fare un aggiornamento ti fa sentire sempre meglio, sempre “aggiornato”, ti sembra anzi di fare un tagliando al tuo cellulare, ti sembra che funzioni meglio, che qualcuno lo sistemi, insomma spingi quel numero e lui dopo un po’ ti dice OK il tuo telefono è pronto, aggiornato, nuovo, stupendo! Pensavi fino adesso di avere un pezzo di ferro, adesso è ok, lucido, smagliante, una barra d’acciaio lucida! Ok, vai a vedere le nuove Mappe, l’icona è un po’ diversa: primo piccolo disagio, “vabbè mi abituerò, l’uomo si è evoluto da scimmia che era e io non riesco ad abituarmi alla nuova icona di Mappe?” Poi le vedi e non ti piacciono, perché sono belle sì, ma sono DIVERSE, e quindi niente. Non ti preoccupi e dici “tanto, le uso poco”. Passa qualche giorno. E ti ricordi che da maniaco avevi segnato qualche indirizzo dei tuoi amici nella rubrica telefonica, basta cliccarci sopra e come per magia si apre mappe che ti fa federe Street View con il portone esatto di dove abita la tua migliore amica, anzi, te lo fa notare suo figlio, “guarda questa è mamma che torna a casa!”. Ma è meraviglioso, solo a Fabrizia poteva capitare di essere ripresa da una di quelle macchine pazze con mille obbiettivi che giravano per Roma per fotografare le mappe di Street View, ti sembra assurdo ma è proprio così. Sul cellulare del figlio però, perché non appena dici “adesso lo voglio vedere sul mio iPhone, completamente aggiornato con le nuove mappe di Apple” urli dallo sgomento: NON C’È! Perché la funzione di Street View ce l’hanno solo le mappe di Google! E adesso? Ti vuoi ammazzare, e purtroppo non c’è niente da fare. Niente. Poi però è successo che in Australia, la città di Mildura, sulle nuove mappe, era indicata a 70 Km. di distanza dall’effettiva posizione mentre tutti andavano dentro un deserto dicendo “non vedo Mildura...”. Ecco quindi che Apple riconosce il proprio errore e annuncia (ieri) “da oggi ok di nuovo alle mappe di Google!”. Perfetto, tutto risolto? NO! Perché di default comunque si apriranno ancora le mappe sbagliate di Apple e io non potrò rivedere la mia amica Fabrizia che rientra a casa dai suoi figli fino a quando Apple non mi permetterà di scegliere quali mappe aprire, se le sue o quelle mie care vecchie di Google! Per vedere la mia amica. Ma si sa: io sono di parte.
venerdì 14 dicembre 2012
I consigli degli amici
I consigli degli amici sono la cosa più bella del mondo, sono gratis e non servono a niente. Nessuno si mette in imbarazzo se non li metti in pratica, e se invece li segui e poi la faccenda in questione va bene sarai contento di dire “meno male che t’ho dato retta” se invece la situazione si mette male non potrai dire “te possìno, t’ho dato retta” perché l’altro risponderebbe sempre, “ahò, ma io che ne sapevo?”. Quindi te ne stai zitto a scontare il problema rimuginando sul fatto che a quell’amico non solo non gli chiederai mai più un consiglio ma nemmeno come sta! Eppure, non si sa perché (anche Margherita Hack se lo chiede spesso senza riuscire a darsi una risposta) quando siamo indecisi, ricorrere all’aiuto di un amico per chiedere un consiglio sembra davvero l’unico modo per trarsi d’impaccio.
La verità è che non vogliamo prenderci la responsabilità di una decisione e quindi gliela buttiamo addosso con una frasetta semplice e innocua ma che nasconde un trappolone: “Tu che dici?”. Lui sa cosa rischia e risponde in un modo che COMUNQUE vadano le cose, lo salva. Uno fra tutti? Ponzio Pilato. Ergo, non si ottiene niente e ci si ritrova con il problema irrisolto.
Invece ecco come bisogna fare quando veramente si ha bisogno di un consiglio. Non bisogna andare mai da chi ci conosce veramente bene, dall’amico del cuore, mai! Non per cattiveria, ma per troppo affetto avrebbe lo sguardo offuscato dal facile risultato da farci ottenere, e per far bella figura lui: “Hai visto? Cosa ti avevo detto? Sei contento?”. No, bisogna andare dall’amico defilato, dal buon conoscente, dal grande teorico, bisogna offrirgli un caffè o meglio chiedergli se ha tempo di prendere un caffè con noi per darci un consiglio. Non dirà di no. Davanti a un Tazza d’Oro non potrà esimersi dall’ascoltare con attenzione tutti i nostri preamboli, i ritratti dei personaggi, ove mai non li conoscesse già e insomma, la scena è questa: noi genuflessi a parlare sottovoce per non farci sentire da nessuno e lui concentrato all’ascolto come un confessore, non ci guarda mai, niente, solo qualche cenno del capo in senso assertivo, (il NO non prevede movimenti in casi come questi: sta fermo immobile? Vuol dire no). Poi piccola pausa e si fa la domanda di cui sopra: “Tu che dici?”. Da parte sua seguirà un grande respiro e forse una piccola insignificante (alle nostre orecchie) domanda. Ma nel momento stesso in cui la farà, i nostri occhi si spalancheranno sulla VERITA’ e avremo la tentazione di dire “ho capito!”. Stiamo zitti, o si offenderà a morte, facciamolo parlare: la risposta sarà breve e secca. Solo questa è la forma di un vero consiglio. Ricordate inoltre che se a una donna potete chiedere un consiglio su TUTTO, a un uomo non si chiede mai un consiglio su una donna: sarà sempre sbagliato. Tutto chiaro? Bene.
Eppure, non so perché, alla fine di questo pezzo, mi viene in mente mia Nonna che alla fine dei miei discorsi mi diceva sempre: “Ma fa’ un po’ come ti pare!”.
La verità è che non vogliamo prenderci la responsabilità di una decisione e quindi gliela buttiamo addosso con una frasetta semplice e innocua ma che nasconde un trappolone: “Tu che dici?”. Lui sa cosa rischia e risponde in un modo che COMUNQUE vadano le cose, lo salva. Uno fra tutti? Ponzio Pilato. Ergo, non si ottiene niente e ci si ritrova con il problema irrisolto.
Invece ecco come bisogna fare quando veramente si ha bisogno di un consiglio. Non bisogna andare mai da chi ci conosce veramente bene, dall’amico del cuore, mai! Non per cattiveria, ma per troppo affetto avrebbe lo sguardo offuscato dal facile risultato da farci ottenere, e per far bella figura lui: “Hai visto? Cosa ti avevo detto? Sei contento?”. No, bisogna andare dall’amico defilato, dal buon conoscente, dal grande teorico, bisogna offrirgli un caffè o meglio chiedergli se ha tempo di prendere un caffè con noi per darci un consiglio. Non dirà di no. Davanti a un Tazza d’Oro non potrà esimersi dall’ascoltare con attenzione tutti i nostri preamboli, i ritratti dei personaggi, ove mai non li conoscesse già e insomma, la scena è questa: noi genuflessi a parlare sottovoce per non farci sentire da nessuno e lui concentrato all’ascolto come un confessore, non ci guarda mai, niente, solo qualche cenno del capo in senso assertivo, (il NO non prevede movimenti in casi come questi: sta fermo immobile? Vuol dire no). Poi piccola pausa e si fa la domanda di cui sopra: “Tu che dici?”. Da parte sua seguirà un grande respiro e forse una piccola insignificante (alle nostre orecchie) domanda. Ma nel momento stesso in cui la farà, i nostri occhi si spalancheranno sulla VERITA’ e avremo la tentazione di dire “ho capito!”. Stiamo zitti, o si offenderà a morte, facciamolo parlare: la risposta sarà breve e secca. Solo questa è la forma di un vero consiglio. Ricordate inoltre che se a una donna potete chiedere un consiglio su TUTTO, a un uomo non si chiede mai un consiglio su una donna: sarà sempre sbagliato. Tutto chiaro? Bene.
Eppure, non so perché, alla fine di questo pezzo, mi viene in mente mia Nonna che alla fine dei miei discorsi mi diceva sempre: “Ma fa’ un po’ come ti pare!”.
giovedì 6 dicembre 2012
Strisce pedonali
Adesso c’è la moda dell’attraversamento pedonale temerario, vi sarà capitato quel pedone che, quasi con aria di sfida, pur accorgendosi della vostra velocità troppo sostenuta, non rallenta la sua camminata per evitare l’impatto, anzi cerca proprio di venirvi addosso costringendovi alla frenata per farlo passare e salvargli la vita. Ha una faccia arrogante, non si trova sulle strisce, non avrebbe il diritto di passare, ma siccome è un pedone, si sente protetto dal fatto che “sono pedone”. Chi è alla guida del motorino lo evita rallentando, dandogli la precedenza, oppure accelera ancora di più per vedere se si spaventa, (ma a quel punto i casi sono due: o si spaventa o è Clint Eastwood) oppure inchioda esageratamente per farlo passare ma anche per mostrare quale sforzo di generosità ha richiesto la sua arroganza, anche se dopo l’attraversamento lo insulterà ad alta voce per tutto il pubblico lì presente, certo del fatto che quello non lo inseguirà facendo brutta figura con chi ha guardato la scena. Va detto però che questo pedone non si permette la stessa cosa contro una macchina o un autobus o un pullman a due piani, no: ha paura, sono troppo grossi. Non se la sente di rischiare con questi bestioni, preferisce i motorini, confidando nella loro agilità, perché sa benissimo che a bordo dei motorini ci sono molto più facilmente dei pedoni camuffati da motociclisti, e che quindi si sono già comportati come lui.
Tutto questo preambolo per dire che come al solito è tutta una questione di punti di vista e di ruoli. In realtà lui stesso ha un motorino e nel preciso momento in cui ci sale sopra si dimentica di essere stato un pedone insolente fino a pochi momenti prima, trasformandosi in un motociclista che li odia. Ma è la velocità del cambio di ruolo che mi affascina. Vai a piedi e odi i motorini, vai in motorino e odi i tassisti, vai in taxi e odi i motorini, vai in autobus e odi contemporaneamente i pedoni, i taxi e le macchine, vai in macchina e odi i camper. Vai in camper e te ne freghi, tanto hai il camper.
Allora lo sai che faccio? Domani sto a casa, e gioco.
Col trenino.
Tutto questo preambolo per dire che come al solito è tutta una questione di punti di vista e di ruoli. In realtà lui stesso ha un motorino e nel preciso momento in cui ci sale sopra si dimentica di essere stato un pedone insolente fino a pochi momenti prima, trasformandosi in un motociclista che li odia. Ma è la velocità del cambio di ruolo che mi affascina. Vai a piedi e odi i motorini, vai in motorino e odi i tassisti, vai in taxi e odi i motorini, vai in autobus e odi contemporaneamente i pedoni, i taxi e le macchine, vai in macchina e odi i camper. Vai in camper e te ne freghi, tanto hai il camper.
Allora lo sai che faccio? Domani sto a casa, e gioco.
Col trenino.
martedì 4 dicembre 2012
Telecomando fino al 7
In principio era il primo. Poi, nel tempo si è si ascoltata una frase, una specie di ordine, ma che in realtà era l’unico suggerimento possibile per evitare una noia che si protraeva già da 10 minuti: “metti il secondo!” e che c’era? Niente! Tutti a letto e buonanotte. Ma ci si andava tranquilli, si dormiva bene, senza ansie da telecomando, che non esisteva così come non esistevano tutti quei canali da sistemare sulla televisione (quell’oggetto che all’epoca apparteneva più alla categoria merceologica dei mobili e non a quella degli elettrodomestici). Insomma: erano solo due, acceso o spento.
Quando è arrivato il terzo, di cui sapevamo anche il nome, fin dalla nascita, Rai Tre, non è stato difficile aggiungere tutti gli altri fratellini che si chiamavano Retequattro, Canale 5, e Italia 1, che andava bene comunque anche se avremmo preferito Italia 6, per simpatia con il tasto numero 6. Fino a qui ci siamo giusto? Adesso attenzione: oggi possiamo mettere sul tasto numero 7, La7, non è stupendo? Tutto il mondo ti sembra girare meglio attorno al suo asse, tutto ok mi sento più tranquillo. Sì, ma dopo che ci metti fino al 9? Non esistono Rete8 e Tele9, oppure esistono ma chissà dove stanno persi tra i mille altri sul digitale terrestre. Il problema è proprio questo. E riparte proprio dal tasto numero 7, anche se ormai si dava per scontato che lì sopra ci sarebbe rimasta inchiodata, avvitata La7 PER SEMPRE! Sembrava, perché come sapete dalla lettura delle pagine di economia, e non da quelle degli spettacoli, non è detto che La7 ci rimanga. Ci sarà un processo, una decisione, una riunione di chiunque tra garanti, authority, consigli e altri organismi, che deciderà se lasciarla lì per uso capione o meno, fregandosene di quella logica che ci fa stare tanto più tranquilli. Decidano pure quello che vogliono, tanto io poi me li metto in ordine sui “preferiti”. Io sì, certo che ci riesco: basta guardare il libretto d’istruzioni della televisione che anche se l’ho perso me lo scarico in pdf da internet. Ma io m’immagino non più la casalinga di Voghera (che ormai viaggia in suv) ma la vecchia di Cantuccio Ermenate alle prese con queste istruzioni: “Creare la propria lista dei canali preferiti (Profilo) delle varie trasmittenti (fino a 4: da Profilo 1 a Profilo 4). La lista viene visualizzata nella banda delle informazioni a cui si può facilmente accedere. Selezionare un canale e aggiungerlo alla lista. Per visualizzare un altro Profilo, freccia, blu. Per aggiungere tutti i canali alla lista, freccia, giallo. Per modificare Profilo. Selezionare il campo del profilo da modificare e: per nominare il Profilo, freccia, rosso, freccia, selezionare il carattere, tasto con 4 frecce, OK, freccia, Return. Per spostare il canale, freccia, verde, freccia, selezionare la nuova posizione, tasto con 4 frecce, confermare, verde, OK. Per cancellare il canale, freccia, giallo. Per cancellare tutti i canali, freccia, blu. Per memorizzare OK.”.
Che ce vo’?
Quando è arrivato il terzo, di cui sapevamo anche il nome, fin dalla nascita, Rai Tre, non è stato difficile aggiungere tutti gli altri fratellini che si chiamavano Retequattro, Canale 5, e Italia 1, che andava bene comunque anche se avremmo preferito Italia 6, per simpatia con il tasto numero 6. Fino a qui ci siamo giusto? Adesso attenzione: oggi possiamo mettere sul tasto numero 7, La7, non è stupendo? Tutto il mondo ti sembra girare meglio attorno al suo asse, tutto ok mi sento più tranquillo. Sì, ma dopo che ci metti fino al 9? Non esistono Rete8 e Tele9, oppure esistono ma chissà dove stanno persi tra i mille altri sul digitale terrestre. Il problema è proprio questo. E riparte proprio dal tasto numero 7, anche se ormai si dava per scontato che lì sopra ci sarebbe rimasta inchiodata, avvitata La7 PER SEMPRE! Sembrava, perché come sapete dalla lettura delle pagine di economia, e non da quelle degli spettacoli, non è detto che La7 ci rimanga. Ci sarà un processo, una decisione, una riunione di chiunque tra garanti, authority, consigli e altri organismi, che deciderà se lasciarla lì per uso capione o meno, fregandosene di quella logica che ci fa stare tanto più tranquilli. Decidano pure quello che vogliono, tanto io poi me li metto in ordine sui “preferiti”. Io sì, certo che ci riesco: basta guardare il libretto d’istruzioni della televisione che anche se l’ho perso me lo scarico in pdf da internet. Ma io m’immagino non più la casalinga di Voghera (che ormai viaggia in suv) ma la vecchia di Cantuccio Ermenate alle prese con queste istruzioni: “Creare la propria lista dei canali preferiti (Profilo) delle varie trasmittenti (fino a 4: da Profilo 1 a Profilo 4). La lista viene visualizzata nella banda delle informazioni a cui si può facilmente accedere. Selezionare un canale e aggiungerlo alla lista. Per visualizzare un altro Profilo, freccia, blu. Per aggiungere tutti i canali alla lista, freccia, giallo. Per modificare Profilo. Selezionare il campo del profilo da modificare e: per nominare il Profilo, freccia, rosso, freccia, selezionare il carattere, tasto con 4 frecce, OK, freccia, Return. Per spostare il canale, freccia, verde, freccia, selezionare la nuova posizione, tasto con 4 frecce, confermare, verde, OK. Per cancellare il canale, freccia, giallo. Per cancellare tutti i canali, freccia, blu. Per memorizzare OK.”.
Che ce vo’?
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