Roma 1-6-2020
Silenzio, si gira. E io ho girato, in silenzio. Un silenzio che non conoscevo quando ero troppo giovane e nelle orecchie avevo la voce di mia nonna che mi diceva "quanto era bella Roma ai miei tempi!". Ho girato per quel tridente che oggi in una notte è passato dall'inverno all'estate, e che a marzo in una notte è diventato una macchina del tempo, portandomi in quegli anni di cui parlava mia nonna. In silenzio ho girato con una borsa rossa, e andavo dal panettiere, dove c'era la fila di qualche romano, che salutavo senza conoscere, cui chiedevo come va, che mi rispondeva e come deve andare. Andavo dal pizzicagnolo di Monte d'Oro a parlare di un pecorino romano, se era veramente del Lazio; da Gabriella a prendere una banana, una mela, una pera, tanto sto da solo; da Fabio il ferramenta in Via dell'Arancio per chiedere prima come stava la madre e poi per capire come mai la moka non funzionava più per colpa di una guarnizione, o della valvola o del filtro a imbuto, e ricomprare tutti i pezzi separatamente giorno per giorno, ma quella nuova manco morto. Andavo da Annibale, il macellaio, per farmi le foto in mezzo a Via Ripetta dicendogli quanto è bella Romamentre mi sorrideva triste nel silenzio ovattato dell'infanzia di mia nonna. E tornando a casa con la borsa rossa della spesa facevo una telefonata a Giovanni, ascoltando le sue risposte ma soprattutto la mia voce che rimbalzava sui muri delle vie. Ma dove sei? A Via Condotti e gli mandavo una foto con il fondale della scalinata di Trinità dei Monti, e gliela mandavo in bianco e nero, apposta, come le cartoline di mia nonna. Incontravo i vigili della Municipale, come ancora li chiamo, li riconoscevo e li salutavo, e loro mi rispondevano perché non stavano dietro agli ambulanti, ai finti suonatori con le casse acustiche alimentate: avevano tempo di rispondere a un saluto nel silenzio del secolo scorso. Lo stesso che mi aspettava quando tornavo a casa, nel cortile, senza i trolley che strusciano, l'ascensore stesso ringraziava, finalmente sempre al piano terra e non in giro a far scendere e salire i turisti dei B&B, e quando si muoveva capivo che c'erano i vicini, ah sono tornati, e gli facevo un saluto dalle scale, ti serve niente, no grazie, nel caso dimmelo.
Sono riuscito a sentire la pioggia, e pure a goderne: meno male, almeno piove, così in testa sembrava più giusto, più normale, non c'è nessuno perché piove, perché quando era bello, sempre, ho sentito che in Via del Corso non c'erano solo i gabbiani e le rondini, ma pure i merli e una farfalla, gialla, una sola, ma era gialla e un germano reale in Via d'Ascanio da solo pure lui, allegro, mentre la sua ragazza si stava facendo un bagnetto alla Barcaccia senza i tifosi del Feyenoord. Sulla bici ho sentito il rumore, bello come un suono, della catena che scorreva sulla corona. E un pomeriggio sono riuscito a vedere la Fontana di Trevi senza schiene davanti. E oggi che finalmente i romani si stanno riprendendo il tridente, a mia nonna che mi diceva Riccardo, non sai quanto era bella Roma ai tempi miei, potrei rispondere nonna, adesso lo so!
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