Ero in una discoteca, una di quelle vere, in Francia, da ragazzo, quando ancora credevo che nelle discoteche chissà cosa dovesse mai succedere. Durante questo sabba di corpi che giudicavo alla ricerca della donna della mia vita, parte un pezzo: un coro nel silenzio, poi un giro di basso, ma non era proprio un giro, piuttosto direi un sentiero che mi portava senza saperlo verso una serie di yeah yeah, che anticipavano una voce pazzesca di una che avevo solo sentito dire “Capito?!”, ai Blues Brothers, vestita da cameriera, alla fine di “Think”. Torno a Roma, descrivo questo pezzo a Walter di Goody Music che mi dice:
- Ho capito: questo?
E mette su un disco mix della Arista a 33 giri con due versioni sul lato A di "Jump to it", scritto da un tale Marcus Miller, chi è? “un bassista!”.
Dissolvenza: 15 anni dopo, Spagna, Madrid, per lavoro, dopo cena si decide tristemente di andare in una discoteca, ma che ci andiamo a fare? Ormai siamo grandi, la donna della mia vita non esiste, non la troverò mai, pensavo, ma gli altri "dài, facciamo la seratona!". Vabbè, andiamo...
Le donne che erano con noi vestite per l'occasione (!), noi no (figurati), entriamo in una discoteca vuota come un frigo con l'eco. Brividi lungo la schiena, "non c'è nessuno, andiamo via!" dico subito. "No, aspettiamo che si scaldi l'atmosfera...". Ma vi dico che nemmeno un microonde ci sarebbe riuscito. In una pista vuota, una tristezza senza fine, cominciamo a fare finta di divertirci, si balla, male, con noia malcelata, si era comunque fuori tempo massimo per tutta la questione, perché in discoteca ci vai a vent'anni e basta, non per lavoro con gente che non vedrai mai più. E dopo un po', aspettando questa atmosfera che tardava a riscaldarsi, finalmente gli umori cambiano: se all'ingresso c'era quell'euforia del facciamo tardi, adesso la prospettiva di andarsene a letto era più confortante di una vodka gelata.
Ma proprio mentre tutti si avvicinavano al guardaroba vicino all'uscita di quel tunnel della notte decido di rimanere APPOSTA "voglio proprio vedere che succede a ballare da solo in una pista enorme vuota". Che poteva succedere? Niente. E però... magic!
Improvvisamente senza nessuno accanto in quel vuoto assoluto, con tutto lo spazio a disposizione e le luci che disegnavano il nulla nel nulla, mi sono sentito il re di quella discoteca perché avevo riconosciuto questo pezzo straordinario cantato dalla mia lady preferita, la regina del soul Aretha Franklin e su quella pista ero lì con lei. Solo il dj mi ha guardato da lontano, non era Walter, ma ci siamo capito lo stesso.
Aretha, ciao!
PS: in ricordo di Aretha Franklin, R.I.P. 16 agosto 2018
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